Nei mesi precedenti, a seguito anche dell’emergenza da COVID-19, è stata messa in evidenza una situazione tutt’altro che positiva: la carenza dei medici specialisti nel Servizio Sanitario Nazionale.
Il quadro generale, noto con la definizione di “imbuto formativo”, sottolinea l’impasse in cui si trovano i medici neolaureati di oggi, appena dopo la fine degli studi e l’inizio del lavoro presso le scuole opportune di specializzazione. Le conseguenze si riversano nello stato attuale delle cose, poiché gli stessi giovani medici non hanno accesso alle condizioni necessarie per poter iniziare a svolgere la professione. Scopriamone i motivi e le proposte che potrebbero portare ad un cambiamento effettivo.
I motivi della carenza di medici specialisti
Si parte dalla condizione preliminare che con il dpcm del 17 marzo, n.18, la laurea in medicina è stata resa abilitante: in pratica, non occorre più fare il tirocinio e sostenere l’esame.
Subito dopo, i medici neolaureati devono decidere quale delle due strade intraprendere: se, in primis, iniziare un corso di specializzazione, o in alternativa seguire il corso di formazione in medicina generale. Il problema effettivo si evince nella prima scelta, mostrando tutte le carenze del caso.
A ragione di questa affermazione, da oggi fino al 2025 le statistiche parlano di una carenza di 15.000 medici specialisti ai quali, nel contempo, se ne aggiungono altri 6000 ogni anno che subiscono l’impossibilità di seguire il percorso post-laurea che più rappresenti i loro desideri.
I motivi a monte sono disparati: tra i più urgenti si annovera il numero esiguo di borse di specializzazione erogate che pone inevitabilmente le migliaia di medici laureati a rimanere in stallo. A seguire, la mancanza di servizi necessari dovuta all’incapacità del Sistema sanitario italiano.
Perciò, come conseguenza scatenante alle cause sopracitate, sono più di 1500 i laureati che – ogni anno – lasciano a malincuore la propria terra per dirottare il proprio futuro in altri paesi europei, in grado di offrire loro l’opportunità di specializzarsi e lavorare.
In buona sostanza, in Italia si investono fondi proficui – che ammontano sui 225 milioni di euro circa – che servono per far laureare un sacco di giovani medici i quali, a conti fatti, non possono svolgere la loro professione e si trovano costretti ad andare altrove.
Come abbiamo visto, a conferma di quanto detto, i medici specializzandi possono essere una valida risorsa per questo problema cronico della sanità italiana. Ovviamente questi ragazzi non possono essere abbandonati a sé stessi, ma avranno bisogno di tutele e “scudi”, non da ultimo un possibile rimborso per le assicurazioni di colpa grave da specializzandi. Anche questa è una materia complessa: qui troviamo un’esauriente spiegazione del funzionamento delle polizze di colpa grave per specializzandi.
Le proposte avanzate per far fronte al problema
Esistono delle proposte in merito, mirate a risolvere definitivamente la carenza dei medici nel Sistema Sanitario Nazionale.
La prima, sulla base di un’evidenza effettiva, dovrebbe focalizzarsi sull’aumento delle borse di specializzazione disponibili. Inoltre, non meno importante, l’istituzione di un canale di formazione specialistica che possa essere alternativo rispetto a quello tradizionalmente riconosciuto, attuabile nelle varie strutture del SSN e in grado di prevedere anche contratti di formazione-lavoro.
Un’altra proposta allettante potrebbe riguardare sempre la figura dello specializzando, al fine di trasformarlo in un professionista riconosciuto con una formazione in continuo aggiornamento. Da qui ne deriva che l’opzione migliore sarebbe elevare il contratto di formazione specialistica a contratto effettivo di formazione-lavoro, come si accennava sopra, in modo da soppiantare anche le borse di specializzazione nazionali e regionali.
Un altro punto da considerare e cambiare sarebbe il classico test di ammissione per avere accesso ai corsi di specializzazione. Da preferire, al contrario, un colloquio più utile ai fini della conoscenza concreta delle attitudini del candidato.
Per concludere, bisogna tenere in considerazione che l’Italia sia l’unico paese che, in Europa, conferisce all’Università il monopolio relativo alla formazione specialistica. Un potere che, secondo le testimonianze degli specializzandi, non copre neanche una qualità formativa degna di nota.