Se la legge 19 maggio 1975 n. 151 ha statuito l’uguaglianza giuridica dei coniugi e ha inaugurato un nuovo corso del diritto di famiglia, si può dire che tale processo di trasformazione rinviene nella Legge Cirinnà (Legge n. 76/2016) del 5 Giugno 2016 una nuova tappa evolutiva.
Infatti, mentre la prima ha stabilito, oltre alla completa parità giuridica e morale dei coniugi, anche:
- la parità di diritti tra figli naturali e figli legittimi
- la soppressione dell’istituto della dote
- la fondazione della comunione dei beni (a meno che non si convenga per un differente regime patrimoniale familiare)
- la sostituzione dell’istituto della patria potestà (paterna) con la potestà genitoriale (attribuita ad entrambi i genitori)
- la qualifica di erede, e non più di usufruttuario ex lege, al coniuge superstite,
la Cirinnà ha statuito l’esistenza di altre due tipologie di famiglie, accanto alle tre già riconosciute.
Dunque, non solo più Matrimonio Religioso, Matrimonio Civile e Convivenza more uxorio, ma anche Unione Civile Omosessuale e Convivenza ex legem (o secundum contractum).
Non solo più famiglia fondata sul matrimonio, ma famiglia naturale o di fatto, che proprio grazie al decreto Cirinà si è tentato sostanzialmente di equiparare alla prima grazie alla possibilità di stipulare delle convenzioni, che riconoscono il diritto reciproco di visita, assistenza e accesso alle informazioni personali in caso di malattia, la possibilità di nominare il partner proprio rappresentante, e il diritto di continuare a vivere nella casa coniugale (se di proprietà) dopo l’eventuale decesso del convivente (la convivenza more uxorio e l’assegnazione della casa coniugale è una questione affrontata anche da www.studiolegalearenosto.it sulla pagine del suo sito).
In definitiva, l’alveo di un nuovo Diritto di Famiglia…
Anche se, a dirla tutta, la Legge Cirinnà ha avuto una vita parlamentare molto travagliata, culminata in un maxi-emendamento del Governo Renzi che, pur avendola recepita in buona parte, ha stralciato l’articolo sulla Stepchild Adoption (cioè la possibilità di adottare il figlio del proprio compagno/a), l’Obbligo di Fedeltà e l’Assegno di Mantenimento per il Convivente (a seguito della cessazione della convivenza di fatto).
Misure contro la violenza nelle relazioni familiari
Il diritto di famiglia rappresenta l’insieme delle norme che regolano i rapporti giuridici che si stabiliscono tra coloro che appartengono allo stesso nucleo famigliare.
E poiché tutela in primis la famiglia nel suo complesso piuttosto che il singolo, il diritto di famiglia differisce dal diritto privato, tant’è che istituisce una serie di diritti-doveri reciproci e di uguale contenuto (si pensi all’educazione della prole, al tempo stesso diritto e dovere genitoriale).
Tuttavia, che il Diritto di Famiglia si caratterizzi per un approccio nuovo nei confronti della materia è evidente anche perché, come detto, ci si muove in ossequio alla (finalmente) raggiunta eguaglianza tra i coniugi (da un punto di vista morale e materiale), che induce a prestare attenzione a circostanze che in precedenza il diritto stesso accettava come “inscritte naturalmente” nella supposta superiorità del pater familias.
Ci riferiamo ad esempio alla pratica di ripudiare la moglie qualora, ad esempio, sterile; alle punizioni che il marito era in diritto di infliggere in caso di condotte considerate “poco consone”; fino ad arrivare a pratiche aberranti come il “delitto d’onore”.
Fortunatamente, queste ed altre consuetudini non sono più tollerate, e anzi l’odierno diritto di famiglia ha ritenuto di dover introdurre nel codice civile gli artt. 342bis e 342ter, a tema «Ordini di protezione contro gli abusi familiari», i quali stabiliscono che, nel caso in cui la condotta del coniuge o del convivente provochi grave pregiudizio all’integrità fisica o morale o alla libertà dell’altro, il giudice, su istanza di parte, possa ordinare al responsabile la cessazione della condotta e disporre il suo allontanamento dalla casa familiare, o imporgli di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dall’istante.
Il giudice in questione definisce anche:
- la durata del provvedimento: attualmente non può superare l’anno (in passato il massimo comminabile erano 6 mesi) e può essere prorogata, su istanza di parte, solo in caso di gravi motivi
- il coinvolgimento degli assistenti sociali o dei mediatori familiari
- la concessione di un assegno periodico in favore del convivente oggetto della condotta pregiudiziale qualora privo di mezzi.
Tali misure tentano di arginare i fatti di cronaca che, a dispetto della circostanza che la famiglia dovrebbe essere il luogo della naturale affermazione della persona umana, sempre più frequentemente ci rimandano l’immagine di uno spazio nient’affatto scevro da sopraffazioni, abusi e violenze di ogni tipo e gravità.